L’arca di Natsuko

Fin dai primi giorni qui all’Outlet Holiday Park di Wanaka avevo notato quella presenza silenziosa e delicata. Una donna dai tratti orientali, elegante nella semplicità di jeans e maglietta, quasi sempre neri, stava seduta al tavolo da giardino fuori dal bungalow che aveva affittato, accanto ad un cane bianco e spelacchiato. Era di solito intenta a scrivere al suo Mac Book, tanto che avevo ipotizzato fosse una scrittrice. Salutava sempre, timida e cordiale, ogni volta che io o Laura le passavamo davanti, indaffarati nei nostri compiti quotidiani. Sorrideva da una distanza che mi sembrava pronta a farsi presenza, se solo qualcuno avesse voluto andare oltre le formalità. Era evidentemente vegetariana, dato che la incontravo spesso in cucina, intenta a bollire ogni tipo di verdura nella sua pentola di terracotta. Mi incuriosiva.

Poi un giorno sparì. Cioè, partì, e io ci rimasi male. Ero troppo concentrato su me stesso, sul mio mal di schiena e sul nuovo lavoro, e avevo perso un’occasione. Non sapevo niente di lei: da dove venisse, dove andasse e perché. Venni solo a sapere che aveva fatto richiesta per questo lavoro anche lei, ma evidentemente io e Laura avevamo avuto la meglio.
La riconobbi subito quando tornò, circa un mese più tardi. Anche lei riconobbe sia me che Laura e ci salutò col suo sorriso forse infelice, ma di certo sincero.
Viene da Okinawa, un’isola giapponese, e si chiama Natsuko. Se n’è andata dal suo paese per via del crescente inquinamento proveniente dalla Cina, dice, e perché il Giappone è diventato un posto terribile in cui vivere. Si occupava di animali abbandonati ed è partita portando con sé un cane e quattro gatti, tutti vecchissimi e malandati, tutti trovatelli che non è riuscita a piazzare. In Giappone, dice, stavano sempre male. Uno dei suoi gatti quasi non camminava più, ma arrivati in Nuova Zelanda ha iniziato subito a stare meglio e nel giro di una settimana era guarito.
Natsuko vorrebbe trasferirsi qui, ma non riesce a trovare un lavoro. È troppo vecchia per richiedere, come abbiamo fatto noi, il visto Working Holiday, mentre per richiedere un visto di lavoro dovrebbe trovare qualcuno disposto ad assumerla e ad accompagnarla nella procedura. Un bel problema. Durante questo mese si era trasferita da alcuni amici in città, dove era più facile muoversi tra annunci di lavoro e colloqui. Ma poi quelli hanno dovuto cambiare casa e lei è tornata qui, con le sue gabbie, i suoi animali e le sue casse di legno contenenti tutto ciò che ha. Mi dispiace che non stia avendo fortuna: noi ne abbiamo avuta molta, e non ne avevamo altrettanto bisogno.
Poi mi viene in mente che Laura e io ce ne andremo presto e che il nostro posto sarà di nuovo libero. Glielo dico, e Natsuko mi fa presente che si era già fatta avanti, ma senza successo. Io fingo di non saperne niente, penso che la partita è di nuovo aperta ora che i due italiani sono fuori dai giochi. Decido di parlare con Glenn, il proprietario, e di fargli notare che questa potrebbe essere un’occasione per tutti: lui troverebbe una lavoratrice stabile, lei una via d’uscita al suo problema. Ma Glenn glissa, dice che l’inglese di Natsuko è troppo limitato perché possa lavorare qui. Io sgrano gli occhi: il suo inglese non è molto peggio del mio.
Glenn è una persona per bene,corretta e generosa. Ma gli affari sono affari, e Natsuko un buon affare non è, coi suoi animali fragili, la sua solitudine e i problemi di visto. Lui non lo dice, ma è chiaro che la questione è tutta lì.
Ma Natsuko mi sorprende, non demorde. Qui in Nuova Zelanda vorrebbe occuparsi di riforestazione, “perché so” dice “quanto gli alberi siano importanti per la salute nostra e dell’ambiente.” Le consiglio di spostarsi all’Isola Nord prima che scada il suo visto turistico. “Là ci sono più possibilità” le dico, ma capisco che lei ha scelto questo posto e che vuole rimanerci. Non mi sembra giusto chiedere a chi ha le idee chiare di ripiegare, di accontentarsi di qualcosa di diverso da ciò che ha sognato per sé. Ha ancora due mesi di tempo.
2 comments Add yours
  1. Che storia triste ma bella. Avevo notato la ragazza ed il suo cane, sembrava socievole e sempre con un sorriso accennato sul viso. Avrei voluto parlarle, ma ho perso l'occasione. Grazie per averne scritto.
    Daniele

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