Lucky Star: tre giorni a New York

A New York ci andiamo con la Lucky Star, una compagnia di autobus gestita da cinesi. Ci lasciano giù in piena Chinatown e lì ritorniamo due giorni dopo per il rientro. Sedici dollari a testa andata e ritorno. L’affarone l’ha trovato Laura su Internet, in una delle sue lunghe ricerche fatte con un unica linea guida: find the cheapest solution!
L’autobus non è male: diciamo che è essenziale. Bianco, con una scritta adesiva verde, una stella al posto della A. L’unica pecca sono i vetri talmente sporchi che non si vede fuori. Una delle vetrate è doppia, sopra c’è scritto emergency exit. Tra i due strati di vetro c’è dell’acqua, come in un acquario senza pesci. Il livello dell’acqua ci indica se siamo in salita o in discesa.
Aron e Francesca ci ospitano per due notti, nel loro piccolo e caldo appartamento di Manhattan. Ci spiegano un sacco di cose, ci portano in giro. Stanno per sposarsi e per trasferirsi in California. Con loro scopriamo la cucina israeliana (se così è corretto tradurre in italiano), una delle esperienze culinarie migliori della mia vita. Scopriamo anche i knish, fatti di patate e spezie (ed eventuali aggiunte o varianti).
E scopriamo, per la seconda volta in questo viaggio, di essere ospiti graditi. Che l’ospitalità può essere un valore: un modo per arricchirsi, stringere legami, allargare la propria cerchia di contatti in un implicito, naturale e per nulla aritmetico do ut des.
Il rientro a Boston, per essere cheap, richiede di essere di lunedì e in tarda serata. Arriviamo in Chinatown in anticipo, stremati da tre giorni di turismo lowcost. Ci buttiamo sulle sedie della sala d’aspetto e ce ne stiamo lì a mangiare hot dog e ciambelle. Ogni cosa un dollaro. Austerity!
Con noi c’è un tipo magro sui venti, cinta dei pantaloni a mezza chiappa e cavallo al ginocchio, cappello da baseball portato al modo dei rapper. Fuma sigarette da un pacchetto verde.
Quando saliamo sul bus ci sediamo quasi in fondo. Il ragazzo che fuma si è già sistemato nell’ultima fila, vicino al bagno. Pochi altri passeggeri, tutti seduti ai primi posti. “Qui è più tranquillo” pensiamo pieni di sonno.
Ma dormire è impossibile. Il tipo si infila subito nel cesso a sboccare. Il cinese che controlla i biglietti conta i passeggeri e gliene manca uno. È lui, è quello nel bagno, gli diciamo al terzo giro di conta.
Durante il viaggio le vibrazioni e le poche luci sull’autostrada conciliano il sonno. Ma il tipo che fuma, fuma. Si infila in bagno ogni quarto d’ora. Odori non proprio di tabacco ci passano addosso.
Ma noi siamo troppo stanchi per sollevare lo zaino e spostarci più avanti.
4 comments Add yours
  1. E' sempre un piacere leggere quello che fate…quello che vedete…c'è tanta curiosità e, devo ammetterlo, anche una piccola dose di invidia…tu scrivi sempre benissimo e quando ti si legge sembra di essere lì!
    Come stai? Ti sta piacendo questa avventura?
    Baci!
    Serri

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