Immigrati a Talara

Talara (Perú) by night

Oggi cambiamo casa. Un’altra volta.

Dopo esser stati da Doña Eleonora, in Ecuador, avevamo accettato l’invito di Walter a raggiungerlo nella sua casa peruviana di Talara per festeggiare il suo compleanno e a fermarci quanto volevamo, dato che lo spazio era tanto e che a lui faceva tanto piacere. Avremmo fatto grigliate e passeggiate al mare, in compagnia delle sue due figlie gemelle e di Judith, la loro madre.
Ma arrivati qui abbiamo trovato una persona diversa da quella che avevamo conosciuto nei Caraibi. Walter passa la notte e il giorno sul divano, guardando il calcio alla televisione; quando non ci sono partite si dà ai film comici e lo si sente scoppiare in risate sguaiate. Se ha fame, sete, prurito alla schiena, non deve far altro che urlare “Judith!”. Lei molla tutto e corre ad esaudire il desiderio del momento.
In questa casa manca di tutto: lampadine, detersivo per i piatti, qualsiasi alimento che non sia l’indispensabile per oggi. Il lavandino della cucina perde e la lavatrice è rotta. La corrente salta di continuo e la candela, l’ultima, è quasi finita. Non ha un soldo Judith. Era lei a mandare i soldi a Walter durante il nostro viaggio nei Caraibi, vendendo cose e chiedendo prestiti. Ma lui non sembra accorgersi di niente, non sembra preoccupato. Non fa che ripetere che deve essere il lavoro a cercare lui e non viceversa, ché quando uno ha una fama e un prestigio non può abbassarsi a certi livelli. E visto che me l’ha chiesto, io gliel’ho detto che questa mi pare una cazzata. Ma quando si entra in una famiglia, magari incasinata, separata e allargata come questa, le cose sono sempre complesse, stratificate di promesse e rancori che non è dato conoscere. Non glielo dico neanche che secondo me dovrebbe provare ad alzare il culo ogni tanto, e farselo da solo il caffè; o che dovrebbe provare a chiedersi da dove viene il cibo che mangia ogni giorno e preoccuparsi di ciò che manca alla sua famiglia. E a Judith, che in confidenza ci fa capire che non ne può più, non glielo dico neanche che se lui è così, forse, è anche perché gliel’ha sempre concesso. Le vorrei cantare: “Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastuni e tira fora li denti!”. Ma non sono affari miei. E se proprio dobbiamo dirla tutta, in questa casa ci mancano solo due turisti invitati da un’ospite occasionale.
Per qualche giorno abbiamo provato a stare qui, dando una mano con la spesa, la cucina, i lavandini che perdono e le lampadine. Ma non è il caso di rimanere oltre, tanto più che le cose peggiorano: Walter minaccia di andarsene in Argentina, dall’altra sua famiglia, e c’è aria di litigio. In questo momento, mentre facciamo gli zaini, lui è nell’altra stanza, sdraiato a pancia in giù. Le gemelle, una per gamba, gli stanno radendo i polpacci. Ha appena ordinato a Judith che gli porti un succo di frutta, quasi si è scocciato perché non ci sono dolci in casa. Ci tocca disturbarlo, per salutare e ringraziare tutti.
Già da qualche giorno Laura lavora come cameriera in un ristorante uruguayano. Io ho comprato per due euro una bicicletta da un tale chiamato Rambo e l’ho dipinta di rosso. Ho cazzeggiato per un po’ lungo la strada costiera, salendo e scendendo dalle montagne aride e disseminate di spazzatura. Ho fatto il meccanico per un giorno e mi hanno pagato tre euro. Poi mi sono fermato alla pizzeria Don Maximo, la più rinomata di Talara. Ho parlato col titolare e mi sono spacciato per uno chef italiano, uno che di pizza ne sa a bizzeffe. Lo so che non si fanno queste cose, che non si dicono le bugie; ma il tale mi ha offerto vitto, alloggio e uno stipendio limitatamente misero. Ora passo le mie serate preparando pizze immangiabili, nel clima frenetico di una cucina. Quando c’è tempo mi chiedono di preparare qualche specialità e io, sotto gli occhi sospettosi dello chef (quello vero) mi metto all’opera.
Così ora siamo qui a Talara, ci prendiamo un po’ di tempo per decidere sul da farsi. L’unica cosa che ci preme è di non perdere la leggerezza.
L’abito non fa il monaco. Però, ragazzi, che classe!
4 comments Add yours
  1. ANDREEEEEEE!!!!!! il cappello da baseball NOOOOOOO…..ci vuole quello da chef….o almeno la bandana….
    Comunque la Laura é cRedibile …..tu molto meno….hihihi….

  2. Complimenti !!! vi siete sistemati per po'…

    Andrea ma i pantaloni da dove arrivano ?

    Il viaggio è sempre piú affascinante ….
    A presto

    Edo

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