Portarsi avanti, ma dove?

La roulotte in cui viviamo ci costa un’ora di lavoro a testa al giorno. In totale 104 ore il cui conto va tenuto a parte rispetto al lavoro “normale” e che possiamo gestire come vogliamo: scegliamo noi in che giorni farle e a che ora, l’importante è che i conti tornino. Abbiamo calcolato che se ogni giorno facciamo due o più ore a testa finiremo di pagare il nostro debito entro un mese e poi potremo riposarci, abbassare il ritmo e prenderci una sorta di mezza vacanza. Certo è dura, perché l’altro lavoro, quello “normale”, certi giorni è impegnativo da spezzare la schiena. Ma ogni fatica si sopporta se è per un motivo, se serve a guadagnarsi un po’ di libertà. Così ci portiamo avanti.
La nostra stessa presenza qui a Wanaka è un portarci avanti, ha ormai il solo scopo di fare più soldi possibile, soldi di cui potremo godere una volta in Asia.
Portarsi avanti… Ho iniziato da bambino a mandare giù la pillola, quando i miei mi dicevano “Portati avanti coi compiti, così poi sei libero di giocare e di fare quello che vuoi.” Ma allora ero più saggio e non ci pensavo proprio. Non era necessario che ci ragionassi sopra, la risposta era immediata tanto era lampante l’illogicità del consiglio. “Perché dovrei mettere un ostacolo tra me e ciò che voglio,” pensavo senza sapere di pensare, “quando ciò che voglio lo posso avere ora? Io sono libero, non ho bisogno di fare i compiti per poi sentirmi libero di giocare. Io gioco adesso e caso mai, ma è tutto da vedere, caso mai poi faccio i compiti.”
Con un po’ di arroganza, e certo di nascosto, ho sempre fatto così ed ero felice. I compiti li ho fatti raramente, sempre all’ultimo momento e quasi mai per intero. E le scuole le ho finite, come quasi tutti. Solo che io mi sono divertito un mondo, sempre in giro in bicicletta con la musica nelle orecchie.
Portarsi avanti sembra essere un atteggiamento necessario per sopravvivere di questi tempi. Ogni giorno facciamo qualcosa di cui godremo un qualche domani: risparmiamo soldi per le vacanze, costruiamo case al pian terreno per quando saremo vecchi, investiamo anni ed energie per conseguire titoli di studio. Lavoriamo duro, sempre sotto stress, tanto da farci scoppiare le arterie. E poi facciamo jogging, ci mettiamo a dieta, prima che ci venga un infarto. Compriamo i cibi “bio” all’Esselunga, come se bastasse una mela ammaccata a far pari con tutte le levatacce, le sgommate ai semafori e le attese cariche di preoccupazione. Mi ha colpito una frase che ho letto da qualche parte, attribuita al Dalai Lama: “Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell’Occidente” dice “è che perdono la salute per fare i soldi e poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere né il presente, né il futuro. Vivono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto.”
Rinunce, frustrazioni, occasioni mancate. E siamo contenti così, perché verrà il giorno in cui godremo i frutti di tutto questo seminare. Quindi bene, avanti, portiamoci avanti. Ma avanti dove?
Oggi non mi porto avanti. Oggi cammino seguendo la riva del lago, ascoltando i sassi scricchiolare sotto alle suole. Dopo un centinaio di metri lo specchio d’acqua si restringe e, senza che vi sia un confine preciso, il lago non c’è più. È diventato fiume. La spiaggia si fa stretta come un sentiero e si infila in un bosco. Io cammino per un quarto d’ora, fino ad arrivare ad un’altra spiaggia, nascosta. Lì c’è un albero gigante il cui tronco è squarciato alla base, forse da un fulmine di secoli fa. Nonostante lo squarcio, o forse proprio grazie a quello, l’albero è cresciuto in due direzioni diverse: un tronco verso la montagna, l’altro a far ombra al fiume. Mi siedo sull’erba soffice a non fare niente, tranne che respirare. Me lo disse una volta un osteopata di Milano: “Ogni tanto ricordati di respirare, respirare profondo.” Me lo diceva in merito ai miei dolori di schiena, al mio vivere sempre teso e contratto che, secondo lui, mi avrebbe un giorno portato ad un qualche malanno. E allora io respiro, rimango indietro e mi porto avanti.
3 comments Add yours

Rispondi